“Vai male a scuola? Allora niente calcio!”. Ma funziona?

di Fabio Ciuffini

L’attività sportiva rappresenta per un bambino un momento della propria giornata molto importante in cui poter liberare la propria propensione innata al gioco e alla condivisione di esperienze con i coetanei.

Viene calcolato che in media il tempo richiesto a settimana da una scuola calcio oscilli tra le 2 e le 6 ore settimanali, considerando allenamenti ed ed eventuali tornei e partite durante alcuni fine settimana.

Tuttavia non è infrequente che a seguito di un rendimento scolastico non brillante, sia prassi minacciare i bambini con l’interruzione della pratica sportiva qualora non migliori l’impegno nei confronti della scuola, nonostante numeri alla mano essa sia solo una parte minimale del tempo utile a disposizione per lo studio.

Entra in gioco il meccanismo della punizione e del rinforzo negativo, per il quale si ritiene che interrompere un’attività piacevole obbligherà automaticamente un figlio ad impegnarsi di più.

Risultato? il bambino si mostrerà ancora più frustrato e demotivato di prima. Se è vero che per lo studio è necessario metodo ma anche concentrazione, il pensiero di non poter giocare con i compagni risulterà un pesante fardello che accompagnerà la sua mente per molto tempo durante la giornata, compreso, ovviamente,  il momento dello studio.

Quando i bambini incontrano difficoltà scolastiche, il calcio, così come qualunque altro sport, non è mai un rischio o un aggravante, bensì uno strumento intelligente che i genitori hanno tra le mani per poter rendere il bambino maggiormente responsabile e consapevole dei propri mezzi.

Togliere un allenamento o una partita per punizione significa incrementare il senso di modesta autoefficacia che già consegue frequentemente ad un rendimento scolastico non positivo (“tanto non ci capisco nulla”, “non faccio le operazioni di matematica perché sono troppo difficili per me” etc.)

La chiave di lettura per affrontare la difficoltà scolastica è da individuare nel metodo e nell’organizzazione dei momenti di studio, verso i quali anche la scuola calcio potrebbe positivamente contribuire modellando i momenti per l’attività sportiva in modo più congruente ai ritmi di studio e dialogando continuamente con la scuola e le famiglie allo scopo di rendere il calcio un impegno in grado di stimolare nel bambino la progressiva crescita delle proprie competenze non solo tecniche e sportive ma anche sociali e cognitive, in primis per quel che concerne la possibilità di “allenare” anche la propria capacità di concentrazione.

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Dr Fabio Ciuffini

   

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