Atteggiamenti, posture e comunicazione del mister: cosa trasmetti ai tuoi ragazzi?

Atteggiamenti, posture e comunicazione del mister: cosa trasmetti ai tuoi ragazzi?

Che cosa stai comunicando ai tuoi ragazzi?

Il ruolo dell’allenatore non è soltanto quello di “allenare”, ma anche quello di “comunicare”.  Affinché il calciatore possa sviluppare al meglio un processo di apprendimento, ha la necessità infatti di recepire, accogliere, elaborare e trasformare, mediante un processo autonomo, quegli input che riceve quotidianamente dal mister tramite processi deduttivi ed induttivi, associativi e cognitivi in grado di guidarlo verso l’attivazione di risorse personali.

L’acquisizione di consapevolezza circa il proprio modo di trasmettere messaggi e segnali ai ragazzi  non solo mediante aspetti verbali (parola) ma anche non verbali e paraverbali (gestualità, mimica, tono della voce) diventa quindi per un allenatore uno step importante per la propria maturazione e crescita e per lo sviluppo di competenze relazionali.

In base ad una recente esperienza osservativa, vorrei fare il punto su alcuni specifici segnali potenzialmente inviati dal mister ai propri ragazzi, mediante posture, atteggiamenti e comportamenti in grado di condurre ad esiti negativi (ovvero reazioni non funzionali alla crescita individuale e collettiva):

MESSAGGIO CARATTERIZZATO DA PREVALENZA EMOZIONALE – IL MISTER A GRAN VOCE SI AGITA, RICHIAMA, INCITA, ISTRUISCE I PROPRI RAGAZZI NELLA FASE INIZIALE DI GARA, POI SPARISCE SUL PIANO COMUNICATIVO DOPO UN GOL SUBITO, SEDENDOSI COMPOSTAMENTE IN PANCHINA 

Sta comunicando ai propri calciatori che quella partita è estremamente importante dal proprio punto di vista e dà “il meglio di sé” nel tentativo di spronarli a dare tutto. La decisione degli interventi trasmette sì nelle intenzioni una certa carica, ma anche potenzialmente inutile pressione, soprattutto se, alla luce dell’esito del campo, la voce del mister va gradualmente a scomparire dai “radar”. L’importanza viene posta più sul risultato (altrimenti perché smettere di intervenire se le cose vanno male?) che sull’aspetto prestativo. Insomma, finché il risultato è in gioco, l’allenatore grida, urla, sprona dimostrando di sentire la partita in modo quasi estremo comunicando delusione, rassegnazione attraverso il proprio improvviso silenzio quando la gara prende una piega negativa.

Esiti possibili nei calciatori: eccessiva attribuzione di rilevanza a dinamiche motivazionali estrinseche (premi, punizioni) con innesco di un meccansimo delusivo e di demoralizzazione nei ragazzi. Possibile senso di colpa collettivo a seguito di sconfitta. Attenzione prevalente al risultato e mancata elaborazione, accettazione della sconfitta. 

MESSAGGIO CARATTERIZZATO DA PREVALENTE CRITICISMO – IL MISTER ISTRUISCE CONTINUAMENTE I PROPRI CALCIATORI  E SI SIEDE IN PANCHINA IN POSIZIONE SEMI DISTESA E SCOMPOSTA DOPO UN GOL SUBITO O UN ERRORE DECISIVO, ASSUMENDO POSTURE CHE SEGNALANO CHIUSURA E DISTACCO EMOTIVO, MANIFESTANDO INOLTRE TUTTO IL PROPRIO DISAPPUNTO CON PAROLE E GESTUALITÀ PLATEALI

Con queste modalità sta comunicando delusione e rassegnazione trasmettendo ai ragazzi una fuga dalla propria responsabilità dinanzi all’esito negativo, proiettandola interamente sui colpevoli. Palesa impulsività ed assenza di controllo emotivo oltre ad inviare segnali di “disordine” attraverso una postura completamente non idonea all’incoraggiamento ed alla resilienza ostinandosi a praticare modalità comunicative orientate all’ordine ed alla esecuzione di istruzioni, limitando l’autonomia decisionale e di pensiero della squadra.

Il messaggio che l’allenatore invia è di sostanziale sfiducia. L’accento posto sul rimprovero incide sul senso di sicurezza individuale e collettiva limitando lo sviluppo di proattività (aspetto essenziale nello sport) specialmente in quei ragazzi caratterizzati da una personalità non incline alla leadership, ovvero sostanzialmente tendenti ad assumere posizioni relazionali reattive.

Esiti possibili: Innesco di nervosismo nei suoi stessi atleti e di forte deconcentrazione (aprendo le porte a nuovi errori consecutivi a breve distanza temporale). Incrementa sensazioni di panico “sportivo”, ostacolando una lucida presa di decisione anche dinanzi a compiti semplici. In base alla soggettività del singolo, la reazione è orientata a livello di squadra verso lo sviluppo di percezione di inefficacia individuale e collettiva.
Quando il rimprovero costituisce fattore ripetitivo, costante e duraturo per tutto l’arco della partita, il rischio evidente potrebbe anche essere che la presenza del mister diventi quasi fattore di disturbo perdendo autorevolezza ed involvendosi in una sorta di brusio di sottofondo più o meno intenso al quale i ragazzi si adattano con un processo semplice: la non considerazione.
L’allenatore tende a reagire a situazioni di questo tipo denunciando la mancanza di ascolto da parte dei ragazzi (spesso…rimproverandoli per questo!)

MESSAGGIO CARATTERIZZATO DA INCONGRUENZA: IL MISTER STIMOLA ED INCORAGGIA VERBALMENTE IL CALCIATORE DOPO UN ERRORE MA NON PRESTA ATTENZIONE ALLA PROPRIA COMUNICAZIONE NON VERBALE

Capita quando l’allenatore conosce l’importanza di stimolare positività nei propri ragazzi ed il ruolo significativo dell’errore in un processo di crescita, ma non riesce a gestire adeguatamente l’aspetto emotivo, conducendolo ad assumere posture, mimiche o utilizzare toni della voce incoerenti con quando sta dicendo. Il mister sta cercando insomma di lavorare su stesso sul piano verbale (cosa dire), ma le proprie convinzioni sulle qualità del ragazzo emergono chiaramente dall’aspetto non verbale, trascurato o sottovalutato.

Esiti possibili: tale processo genera quello che possiamo definire tendenzialmente il “doppio legame”, fenomeno comunicativo che si manifesta prevalentemente laddove sia in atto una relazione interdipendente ma non paritetica (insegnante-allievo o genitore-figlio) che non presenta una reale possibilità di risposta da parte dell’interlocutore posto in situazione di debolezza (il giovane calciatore , in questo caso). Il calciatore intuisce il vero pensiero del mister, sviluppando, specialmente se molto giovane, un senso di inefficacia, oltre che la sensazione che il proprio allenatore non sia sincero o abbia scarsa fiducia in lui.
Da qui l’importanza della congruenza con cui il mister deve approcciarsi ai ragazzi, utilizzando strategie persuasive appropriate e un buon feedback (chiaro, sincero, ed orientato al come si può migliorare un determinato gesto tecnico o comportamento tattico, piuttosto che al giudizio circa le modalità di esecuzione), oltre ad un coinvolgimento attivo e strategico dei suoi calciatori che limiti il rischio di una comunicazione non funzionale ed unidirezionale (cioè il mister è l’unico che parla e dà ordini, ma non ascolta le difficoltà o il punto di vista dei ragazzi).

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