Calcio malato? I Giovani sono la Cura

CALCIO MALATO? I GIOVANI SONO LA CURA!

Secondo uno studio della Fifa condotto nel 2006 e pubblicato nel 2007, le persone che lavorano nel mondo del pallone, compresi arbitri e funzionari, sono circa 270 (duecentosettanta) milioni, cioè il 4% della popolazione mondiale. A questi già esorbitanti numeri vanno aggiunti anche giornalisti sportivi e chiunque abbia un merchandising su questo sport; la cifra che si raggiunge è estremamente alta, ma ancora più alti sono i profitti che si possono trarre dal calcio.

Il calcio di oggi è economia e somme ingenti di denaro girano, senza soluzione di continuità, di mano in mano. Giorno dopo giorno. Ne sono dimostrazione i calciatori e gli allenatori di prima fascia dei massimi campionati europei, quegli strapagati per intendersi, che strappano contratti ultra milionari. E che dire dei procuratori? Ogni movimentazione di un calciatore professionista di alto livello non porta con se solo un riverbero mediatico, ma flussi infiniti di milioni di euro. Il caso Pogba è un evidente riscontro.

L’economia del calcio è anche altro. Ad esempio, i ticket d’ingresso allo stadio che superano i 100 euro (e anche più) per i match più importanti, o le magliette ufficiali dei Top Club vendute quasi a peso d’oro. Tutta l’attività che ruota intorno ad un club si è orientata esclusivamente al business, agli introiti e agli investimenti (spesso poco accorti), impoverendo l’aspetto dei valori nel calcio.

In questo contesto, e con l’attuale crisi economica che ci accompagna da anni, il mondo del calcio vive una situazione di evidente difficoltà. Fallimenti e mancate iscrizioni ai campionati (soprattutto in Lega Pro) sono la prova provata di quanto affermato; ma anche collusioni poco chiare, corruzione, calcio scommesse. Come spesso succede, se i soldi prendono il sopravvento e non sono accompagnati da competenze importanti e da una “scala di valori sportivi” solida, danno molto e tolgono altrettanto. E così non è raro trovarsi di fronte a giocatori che rispondo prima al “vile denaro” e, forse, solo in un secondo momento, alla vera passione, alla maglia che indossano, all’affetto dei tifosi, alla storia della società.

Le società di calcio hanno inoltre portato ingenti somme di liquidità oltre i confini nazionali pensando, erroneamente, che il “calciatore straniero” rappresentasse “sicurezza e successo”. Dagli anni ottanta a oggi abbiamo assistito a un’esterofilia crescente. Intere squadre scendono in campo con calciatori per la maggior parte stranieri a discapito, come ovvio, del pregiato “Made in Italy”, nonostante un’inchiesta pubblicata nel 2014 dalla “Gazzetta dello Sport”, indichi che il rendimento dei calciatori italiani è più alto di quelli stranieri. I dati statistici sono facilmente consultabili.

E infine la questione stadi. Sempre più vuoti, non solo per i prezzi elevati o la disaffezione del tifoso, ma soprattutto per infrastrutture obsolete, vetuste, inadeguate e non consone a standard di “elevata qualità e accoglienza” come in altri paesi (Bundesliga o Premier League), tranne rare eccezioni (Juventus Stadium).

Quello del pallone è un mondo involuto, ma esiste ancora un rimedio a queste piaghe. Sono i giovani. I nostri giovani! Quei ragazzi che, con “sacrificio e umiltà” danno “tutto se stessi”, inseguendo il mito di leggende come Pelé o Bekenbauer, memorie viventi di un calcio che rispondeva “più alle emozioni che al guadagno”. E allora è doveroso ricordare “quei bambini diventati uomini” come Gerrard o Totti, che hanno indossato e onorato per tutta la loro carriera una sola maglia, rifiutando contratti astronomici per segnare con la “camiceta” della squadra del cuore…; quella per cui hanno fatto sempre il tifo.

Il “calcio vero” è per quei ragazzi che, come Locatelli, scoppiano in un pianto carico di passione dopo aver segnato il primo gol nello stadio in cui guardavano la partita sin da piccoli, e per i tifosi che continuano a emozionarsi nonostante spesso il prezzo pagato non valga lo spettacolo. Il calcio non si gioca con i soldi ma con le persone e non è solo grazie ai soldi che si vince.

Prendiamo ad esempio una squadra come il Barcellona che da anni crea i propri top player nel proprio settore giovanile, nella famosa “cantera”, e riesce comunque a vincere sia in patria che in Europa proprio con quei giocatori (Messi ed Iniesta ne sono la prova lampante); oppure guardiamo lo splendido lavoro che sta facendo il Sassuolo, che nell’arco di dieci anni è passato dalla C2 a giocarsi l’Europa League investendo sempre sui giovani e senza spendere sul mercato più di 10 (dieci milioni). Certo è più facile spendere per giocatori già formati, piuttosto che puntare, crescere e a volte “rischiare” su bambini ancora non svezzati, calcisticamente parlando, perché di Messi e di Pelé ne nasce uno ogni trent’anni e tutti gli altri necessitano di “formazione” e un costante allenamento “tecnico, fisico e mentale” per diventare veri calciatori e futuri campioni. È questo il vero investimento da fare!

Curiamo il nostro amato sport. Il calcio italiano ha bisogno di nuova linfa, di nuova energia e alte prospettive future. I giovani sono la cura. Perché i giovani, insieme ai loro sogni, riaccendono la passione di tutti noi che, nell’immaginario, corriamo insieme a Locatelli a prenderci l’abbraccio dei tifosi con le lacrime agli occhi dopo aver segnato un gol…

Federico Masini – Calcio Giovanile & Dintorni

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