La pigrizia sociale nei giovani calciatori: “Si vede quello che faccio?”

La pigrizia sociale nei giovani calciatori: di che si tratta? (Parte 1)

Molto spesso sia nel calcio di alto livello, sia in quello giovanile, viene sottovalutata l’importanza della dinamica psicologica di gruppo. Abbiamo visto, recentemente, quanto sia importante che all’interno della squadra si sviluppi un sano confronto sociale tra i ragazzi, in modo da stabilire l’evolversi di gerarchie spontanee e democratiche al suo interno.

C’è tuttavia da tenere presente anche la rilevanza di altri fattori, legati alla cosiddetta “pigrizia sociale”, ovvero la tendenza degli individui a a diminuire la propria prestazione quando si trovano in gruppo.

Normalmente vengono individuati 4 fattori in grado di determinare tale fenomeno: uno di tipo allocativo (in gruppo si è meno identificabili), uno di tipo strategico (in gruppo si cerca di risparmiare energia senza tuttavia passare per pigri), un terzo di tipo deduttivo (definizione dell’autore) ossia il Free-rider, ed infine un quarto di natura consequenziale alla deduttiva (idem), noto come Effetto Sucker.

In questo post vogliamo soffermarci sul primo di essi, ovvero il Fattore Allocativo descritto da Harkins, Latané e Williams (1980). In successivi contributi, invece, ci soffermeremo, uno per volta, sugli altri.

Quando gli atleti sono in gruppo, sanno perfettamente che la propria performance ed anche il proprio atteggiamento e comportamento sul campo sono meno identificabili rispetto ad una situazione in cui essi siano chiamati individualmente ad agire.

Per fare un esempio, chi tira un calcio di rigore, in quel momento, è molto più identificabile che non durante il normale svolgimento del gioco e, di conseguenza, la sua prestazione è più evidente per chi osserva ed il suo livello di attivazione e stress più alto.

Quando i calciatori sono in gruppo, quest’ultimo “maschera” la rilevanza individuale della prestazione, il che spiega ad esempio, per quale motivo in altri sport come il nuoto o l’atletica, il rendimento di un atleta in una staffetta sia minore rispetto a quello individuale, determinando che gli atleti chiamati in causa in questo tipo di competizione siano diversi da quelli notoriamente migliori nelle gare individuali.

Il gruppo determina una diminuzione dell’attenzione e dell’attivazione del singolo atleta, per cui più grande è il gruppo o la squadra, più probabile è che vi sia un calo della performance complessiva del gruppo.

Se è vero che un gruppo troppo piccolo (sottodimensionato) è più soggetto a stress e stanchezza (con un calo della prestazione derivante da continui impegni in cui i pochi ragazzi sono chiamati in causa continuamente), è altrettanto vero che gruppi sovradimensionati, ossia con troppi calciatori (anche per ruolo), fanno aumentare il senso di estraneità dei singoli.

Un gruppo di giovani calciatori ha bisogno, necessariamente, che l’apporto di ciascuno di essi sia identificabile. In questo modo la competitività complessiva può crescere di livello.

Dr Fabio Ciuffini Area Psicologia dello Sport

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