Psicologia e Calcio: L’apprendimento dei ruoli. Quando cominciare?

Psicologia e Calcio: L’apprendimento dei ruoli. Quando cominciare?


Nel calcio si sa, è questione di ruoli
. Ciascun calciatore ricopre aree del campo specifiche muovendosi in modo sinergico con i compagni di squadra grazie a caratteristiche peculiari adatte al compito da svolgere sul terreno di gioco (robustezza, velocità, resistenza, visione di gioco etc..). Ciascun ruolo richiede la presenza sia di qualità tecniche e fisiche del giocatore, che di attitudini di tipo tattico e psicologico. Un lavoro che senza dubbio necessita di allenamento e di apprendimento nel tempo.

Ma qual è il momento più favorevole per iniziare a prepararsi a ricoprire una posizione in campo? Qual è, insomma, l’età giusta per apprendere un ruolo delineato sul terreno di gioco?
In linea di massima sappiamo che i modelli televisivi correlati al calcio spingono molti bambini a desiderare di essere un attaccante, un difensore o un centrocampista fin da subito, senza tuttavia avere ancora gli strumenti per comprendere bene cosa significhi rivestire una determinata posizione in campo e soprattutto senza avere uno sviluppo fisico tale da consentire questo tipo di preparazione.

La specializzazione precoce infatti non è mai auspicabile nei bambini in quanto il loro sviluppo psicofisico segue delle regole che sono incompatibili con la necessità di allenare distinte tecniche fini e quindi anche parti del corpo con una certa prevalenza.
I bambini seguono durante lo sviluppo degli stadi di crescita che potremmo riassumere brevemente in:

1) Una fase di sviluppo di capacità coordinative fondamentali nel periodo prescolare
2) Un seconda fase di sviluppo di capacità intermedie focalizzate sulla forza rapida, la resistenza e sulla velocità (periodo della scuola elementare/prima fase puberale)
3) Una terza fase di sviluppo post-puberale in cui la crescita contempla anche la forza massima e la resistenza anaerobica
4) Una Quarta fase in cui è la resistenza aerobica ad essere “allenabile”

La presenza di questo genere di fasi rende evidente come non sia possibile per un bambino di 6 anni, ad esempio, essere allenato sulla resistenza alla corsa come potrebbe essere indicato per ruoli in cui sia necessario rivestire ruoli di maggior copertura del campo (per quanto ridotta sia la superficie utilizzata). Al contrario, bambini che si trovino nella condizione ancora pre-agonistica necessitano della possibilità che venga loro concesso di variare con una certa frequenza un po’ tutti i ruoli, in modo che sia consentito loro di sperimentare i primi movimenti nel campo e le prime richieste che un ruolo presenta al loro organismo.

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L’attività sportiva dovrebbe infatti essere polivalente, ovvero facilitare la possibilità che vengano allenate competenze ma anche capacità fisiche trasferibili e utilizzabili in tutti i ruoli del campo lasciando alla maturazione fisica e psicologia del bambino il compito di guidare un giovane atleta verso specificità adatte al proprio fisico ed attitudini. Si parla in buona sostanza di sviluppo armonico del bambino che tra l’altro, nel calcio, è particolarmente agevolato dal tipo di attività compiuta in cui l’organismo è sollecitato sotto molti punti di vista.

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Non va sottovalutato un altro aspetto prettamente psicologico correlato alla specificità di un allenamento: la ripetitività.
Un bambino che venga sottoposto ad allenamenti focalizzati su specifici gesti tecnici o competenze motorie andrà molto facilmente incontro alla noia (diversamente dall’adulto che ha una motivazione ben più strutturata) il che potrebbe condurre al Drop-out, ossia all’allontanamento dall’attività sportiva.

Il divertimento e la socializzazione con la variabilità delle attività svolte in campo sono componenti essenziali per aumentare l’entusiasmo e la partecipazione dei bambini in campo e anche per accompagnare in modo costruttivo l’apprendimento progressivo di tecniche e caratteristiche di ruolo, la cui conoscenza procede parallelamente allo sviluppo psicofisico dei bambini e che non dovrebbe avvenire in modo prevalente almeno fino alla categoria dei giovanissimi ( a partire dai 12 anni).

Dott. Fabio Ciuffini
Psicologo dello Sport

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