Tempi di Studio e di Allenamento: una statistica che può aiutare la difesa del talento

L’importanza di conciliare i tempi di studio con quelli di allenamento

Subito un numero: 1 su 40mila. Che significa?

Vuol dire che statisticamente soltanto un ragazzo ogni 40mila (il numero può oscillare in difetto o in eccesso, ma poco cambia) raggiunge il professionismo nel calcio. Una cifra incredibilmente bassa, ma che spesso sfugge agli occhi di molti

Talvolta si ha la sensazione netta che molti genitori non abbiano presente questo dato e che tendano ad accettare o assecondare, con rassegnazione o, in alcuni casi, con inconsapevole complicità, il fatto che la scuola vada in secondo piano.

Questo non accade sempre, ovviamente. Ma accade spesso quando parliamo di talenti, di giovani calciatori che dimostrano sul campo doti particolarmente spiccate, per le quali si tende a stravedere e verso le quali si cerca inconsapevolmente di fare progetti ed investimenti per il futuro del ragazzo, soprattutto quando parliamo di famiglie in difficoltà sotto il profilo economico. La realtà è ben diversa, però. E moltissimi ragazzi iniziano ad incorrere in faticosi problemi scolastici, in forti difficoltà a livello di preparazione e formazione al lavoro trovandosi costretti a fatiche enormi, soprattutto nel finale di anno scolastico, per non bocciare

pallone (2)Un principio interessante da applicare nelle società di calcio sarebbe quello del “va in campo chi a scuola ha ottenuto buoni risultati“.

Perché? Perché l’attività di studio, oltre che essere finalizzata ad un graduale accrescimento e sviluppo di competenze, è molto importante anche per apprendere la capacità di organizzarsi, di acquisire autonomia, di valorizzare al meglio le proprie risorse personali a 360°. Tutte caratteristiche molto utili anche giocando a calcio.

Un bravo calciatore con risultati positivi nell’attività di studio (e con questo termine non intendo mai il voto più alto, bensì un esito che rispecchia adeguatamente l’impegno e lo sforzo profuso nello studio e che sia proporzionato alle attitudini ed abilità soggettive), è anche un ragazzo che può far fronte alle difficoltà del campo con maggiore consapevolezza dei propri punti di forza. Riesce, cioè, a maturare e far crescere la propria persona e personalità, investendo le proprie qualità su molte competenze anche di tipo trasversale, spesso determinanti nel distinguere anche un ottimo calciatore da un buon giocatore.

Tralasciare lo studio significa tralasciare buona parte di sé, significa insomma non investire su se stessi e sul proprio futuro.Per questo motivo, risulta essenziale che il ragazzo riesca ad adattarsi al meglio affinché i tempi di studio e di allenamento siano ben equilibrati.

Sono convinto del ruolo importantissimo della soggettività, anche da questo punto di vista, ovvero che non esista tuttavia un modo universale di conciliare “il campo con il libro”, ma che si rendano sempre necessari alcuni elementi di seguito elencati

Rispetto della Soggettività nei tempi di Studio e di Allenamento

  • Conoscere il ragazzo ed il suo atteggiamento generale nei confronti dello sport e della scuola;
  • comprendere quali siano i suoi obiettivi in entrambi i settori;
  • Valutare le motivazioni che sono alla base della pratica sportiva (interne? Esterne?);
  • Individuare momenti e fasi della giornata in cui si renda più semplice per il ragazzo studiare ( alcuni giovani possono preferire studiare non appena rientrati in casa da scuola e prima di un allenamento, altri iniziare un’attività, interromperla e riprenderla dopo la scuola. Altri, al contrario, possono favorire uno stacco di tempo che preveda di studiare solo dopo aver fatto l’allenamento. Altri ancora, possono ad esempio trovare concentrazione dopo cena, quando la loro mente trova un momento di possibile riposo dai ritmi frenetici cui spesso sono sottoposti).

La formula del “vai e studia”, ritengo che non abbia mai funzionato. L’apprendimento è un processo che richiede motivazione e concentrazione. Ed ogni ragazzo ha proprie motivazioni, propri tempi e proprie modalità di concentrazione che poi influiscono sulla sua fiducia.

Ecco perché, tanto per citarne una, la fase di definizione dei fattori distraenti nel calcio che costituisce una delle tappe di un percorso del mental training, può incidere positivamente anche sullo studio. Imparare a selezionare gli stimoli esterni ed interni, focalizzando l’attenzione sulla performance, può aiutare un ragazzo a “spostare” gli stessi principi e tecniche nello studio, rendendo possibile l’ottimizzazione delle risorse mentali.

E l’ottimizzazione è sempre un amico fedele del tempo.

Vero, solo un ragazzo su 40 mila diverrà professionista, ma tutti gli altri 39999 giovani possono raggiungere buoni livelli di competenza generale, in grado di far loro affrontare la vita professionale con maggior sicurezza.Il talento lo si tutela anche così.

DOMANDA:  siamo realmente convinti che un ragazzo dotato di qualità tecniche importanti ma in grande difficoltà nello studio e nella gestione della vita scolastica e familiare abbia più probabilità di “arrivare” rispetto ad un ragazzo con qualche gradino di qualità tecnica inferiore ma che sa dotarsi anche di tempi di studio e di vita ottimali, che sa lavorare sulla propria autostima e che ha adeguata consapevolezza dei propri limiti e risorse?

Dr Fabio Ciuffini, Psicologo. Consulente in Psicologia dello Sport

Calcioscouting

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2 Replies to “Tempi di Studio e di Allenamento: una statistica che può aiutare la difesa del talento”

  1. Anna Antonucci

    Il discorso sarebbe molto lungo.Lo sport può essere una salvezza per ragazzi emarginati socialmente. Avendo talento diverso da chi va “bene a scuola”. Quindi io non sono per lo sport in base ai risultati scolastici ma parlerei piuttosto di atteggiamento positivo rispetto alle istituzioni, ai compagni, agli insegnanti o allenatori. Chiaramente nel caso di profitto positivo sia nella scuola sia nel calcio tanto meglio per tutti.

    • CalcioScouting

      Vero. Discorso complesso, molto complesso. Personalmente credo che non conti nulla il “voto” a scuola, specialmente a certe età, quanto l’atteggiamento che i bambini, i ragazzi, maturano e coltivano nei confronti dello studio. Sport e scuola possono ben integrarsi e collaborare in questa direzione. La meritocrazia può seguire anche il principio legato non solo al talento tecnico, ma anche al talento relazionale e sociale di ogni atleta. Che si coltiva, attiva e matura passo dopo passo anche grazie allo sport. Grazie Anna per i suoi pensieri.

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