L’Osservazione del Giovane Talento nel calcio: l’importanza della componente psicologica

L’Osservazione del Giovane Talento nel calcio: quanto è importante la componente psicologica?

La ricerca del giovane talento nel calcio è evidentemente un’attività molto complessa e difficile, considerando l’elevata percentuale di giovani calciatori di valore che, per vari motivi, non riescono a raggiungere livelli di performance in grado di garantire loro l’accesso ai categorie professionistiche di primo livello favorendo così il drop-out, ovvero l’abbandono della pratica sportiva.

Molto spesso negli ambienti giovanili passa l’idea secondo la quale un ragazzo “o sa o non sa giocare a calcio”, riducendo in modo drastico le possibilità che un potenziale possa emergere in modo parallelo alla maturità psicofisica del giovane calciatore e limitando così l’importanza di elementi invece decisivi come la motivazione, la perseveranza, l’impegno soggettivo, l’atteggiamento del ragazzo nei confronti dello sport.

Nell’osservazione del giovane calciatore è invece importante riuscire a cogliere a 360° tutti quei segnali che siano in grado di predire l’emergere del talento, non solo sul piano tecnico, tattico ed atletico ma anche su quello psicologico/comportamentale. Un elemento, quest’ultimo, in grado di determinare, a parità di qualità calcistiche, il fatto che un ragazzo “sfondi” e uno no, per usare una terminologia comune.

Che cosa è possibile, e a nostro avviso doveroso, osservare in un ragazzo per ridurre il più possibile il margine di errore?

Ci sono alcuni indici molto importanti da valutare e che in questa sede tratteremo in modo molto sintetico.

Un esempio lampante è dato dalla reattività psicologica del ragazzo dinanzi alla difficoltà, in quella fase che potremmo definire di frustrazione, in cui il risultato è negativo, oppure la prestazione o un gesto tecnico specifico non hanno avuto l’esito desiderato o raggiunto il livello atteso.

Ci sono molti comportamenti manifesti che indicano difficoltà, ad esempio il fallo di reazione, il calo di concentrazione, oppure la tendenza a distrarsi, distogliendo lo sguardo in modo frequentemente progressivo dal terreno di gioco, dall’azione e dal movimento dei compagni.

Quando il pensiero negativo va progressivamente potenziandosi nella mente di un ragazzo, aumenta in modo proporzionale l’isolamento del giovane dal campo, la sua tendenza all’autovittimizzazione (es. cadere per terra stentando a rialzarsi con rapidità) e spesso la frequenza con cui protesta o si rivolge a malo modo a qualche compagno di squadra.

Ma non soltanto: smettere di cercare il contatto fisico, perdere il controllo delle proprie emozioni ed assumere un atteggiamento sostanzialmente passivo induce un giovane calciatore all’attivazione della profezia che si auto-avvera, per la quale la supposizione per cui il proprio sforzo si sta rendendo inutile, altro non fa che amplificare l’effettiva probabilità di insuccesso.

Piccoli gesti, talvolta impercettibili, ma che fanno la differenza tra un calciatore in grado di sopperire ad un momento di difficoltà (ad esempio continuano ad attaccare lo spazio o perseverando nell’aggredire l’avversario) ed uno che, al contrario, in esso va a nascondersi. Potremmo definire questa particolare reattività allo stress ed alla negatività come resilienza.

Ma non è tutto: gli indici in grado di qualificare come potenzialmente reattivo un talento e di indicare stati mentali positivi sono anche lo stile attentivo adottato e la capacità di variarlo in base alla necessità di gioco, la qualità ed intensità della comunicazione in campo con i compagni o il mister, la tolleranza ad un ambiente ostile e la capacità di gestire in modo positivo il fattore distraente e possibili stati d’ansia in modo più o meno adeguato.

Tutti fattori non sempre innati o propri del temperamento del ragazzo, ma derivanti anche da dinamiche familiari ed educative in grado di influenzare lo sviluppo della sua personalità durante la crescita, e sui quali è tuttavia ampiamente possibile lavorare in modo efficace.

Riconoscere il margine di miglioramento soggettivo del talento richiede dunque sia l’individuazione di potenzialità tecniche ed atletiche sulle quali intervenire da un punto di vista tecnico e tattico, sia l’analisi di criticità e attitudini sul piano mentale che possano trarre ampio giovamento da INTERVENTI MIRATI a «tirar fuori» le migliori risorse mentali del giovane talento.

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9 Replies to “L’Osservazione del Giovane Talento nel calcio: l’importanza della componente psicologica”

  1. alessandro

    Ottimo contributo. Pienamente condivisibile e facilmente riscontrabile sui campi giovanili. Quali sono gli interventi mirati a tirare fuori le risorse mentali che puoi suggerire? Qualche esempio? ale

    • CalcioScouting

      Buongiorno Alessandro, grazie per le tue parole di apprezzamento.

      Quando parliamo di interventi facciamo riferimento solitamente ad una serie di tecniche prevalentemente legate al Mental Training, che, come accennato nell’articolo, mirano ad ottimizzare l’impiego delle risorse mentali per un miglioramento della prestazione (ad esempio la definizione di obiettivi, la visualizzazione guidata, tecniche di rilassamento finalizzate a gestire l’ansia pre-gara, l’analisi dei profili emozionali del calciatore, interventi che facilitino la gestione degli stili attentivi e la concentrazione etc..). Ma nono solo.

      Facciamo riferimento anche a test e questionari psicologici appositamente creati per l’applicazione in ambito sportivo (individuali o di gruppo) in grado di aiutare a definire eventuali aree di criticità e potenzialità, su cui poter intervenire con la collaborazione del ragazzo, ma anche del suo allenatore, all’occorrenza.

      La psicologia sportiva consente anche di lavorare nell’aspetto relazionale e comunicativo, frutto di dinamiche interne alla squadra o anche di contingenze personali e familiari che possono influenzare la serenità con cui un ragazzo si approccia alla pratica sportiva.

      Il comportamento sul terreno di gioco è l’esito di un convergenza di fattori a 360°, dalla cui conoscenza è possibile creare su misura interventi adatti alla soggettività del singolo calciatore, facilitando l’emergere di un talento che può restare nascosto dietro risorse mentali non ben utilizzate in grado tuttavia di valorizzare sia il calciatore che, prima ancora, il ragazzo.

      Mi auguro, seppur in estrema sintesi, di aver risposto al tuo quesito.

      Cordialmente.
      Dr Fabio Ciuffini

  2. ALFONSO PARRILLI

    SONO STATO CONTATTATO VIA FACEBOOK DA UN RAGAZZO DI 16 ANNI DEL GHANA CHE MI HA INVIATO ANCHE I SUOI FILMATI.POICHE NON SONO COMPETENTE A CHI POSSO CONTATTARE?GRAZIE

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