Calcio: il rituale come anticipazione del gesto tecnico

Calcio: il rituale come anticipazione del gesto tecnico.

Il rituale può essere un vantaggio per un calciatore? E in base a quale criterio?

Chi ricorda il sale lanciato in campo da Anconetani, storico Presidente del Pisa anni ’90, o magari l’ampolla magica di Giovanni Trapattoni quando sedeva sulla panchina della Nazionale di Calcio?

Potremmo fare un elenco lunghissimo di gesti propiziatori singolari, ma ciò che ci interessa in questa sede è analizzare sinteticamente la differenza tra la superstizione ed il rituale, praticato da molti sportivi prima di una competizione.

La superstizione viene definita come

una credenza o un insieme di credenze prive di un fondamento razionale ma incondizionatamente accolte e, quando hanno un risvolto pratico, scrupolosamente eseguite per il valore protettivo che il soggetto vi attribuisce (Galimberti,U.).

Il rituale, invece, prelude maggiormente all’azione e, in ambito sportivo, viene utilizzato con un fine ben preciso, ovvero quello di entrare nella dimensione attentiva corretta.

La differenza è sostanziale. Mentre la superstizione ha un valore che, come si evince dalla definizione, ha valore protettivo, il rituale dello sportivo ha invece una connotazione pro-attiva, ovvero mette la persona che lo esegue nella condizione di richiamare in modo attivo e volontario la propria attenzione.

Quanti di voi ricorderanno il passetto di Marco Van Basten prima di tirare un calcio di rigore?

Bene, quello è un esempio di rituale, in cui il calciatore mette in atto un movimento breve, meccanico e ripetitivo, per lanciarsi nella direzione dell’esecuzione del gesto tecnico.

Se la superstizione è dunque fine a se stessa, in quanto evocatrice di cause o forze esterne incontrollabili, il rituale può divenire, al contrario, parte del gesto tecnico, essendone atto introduttivo.

Per restare nel tema del calcio di rigore, anche il posizionamento della palla può avere la sembianza del rituale, in quanto l’atto della sistemazione del pallone sul dischetto proietta il giocatore, concentrandolo, sull’azione specifica di gioco.

Il rituale è di fatto un’azione meccanica che, se resa consapevole secondo questa specifica finalità, può avere il potere di facilitare il controllo del calciatore sul proprio stato emotivo e sulla propria capacità di focalizzazione delle proprie risorse attentive. L’atto e l’esecuzione diviene un modo per gestire anche i fattori distraenti, particolarmente intensi in alcune fasi della gara.

Il rituale è dunque un fattore positivo o negativo?

Tutto sta nel rendersi consapevoli del fatto che esso venga compiuto come atto derivante da una superstizione oppure come parte integrante della preparazione psicologica al gesto tecnico. Nel primo caso non funziona, in quanto il giocatore perde il controllo e si concentra sulla necessità di prevenire un evento negativo mediante un comportamento specifico.Nel secondo, al contrario, il calciatore agisce consapevolmente al fine di attivare una risorsa mentale positiva (l’attenzione) favorendo anche un miglior controllo delle proprie emozioni o eventuali stati ansiosi.

Individuare e visualizzare un rituale breve, meccanico, attuabile immediatamente prima di un’azione da svolgere, introduttivo e connotato positivamente può aiutare il calciatore, anche di giovane età, a focalizzarsi su specifiche risorse mentali, stimolando in modo costruttivo (e non preventivo) la fiducia in se stesso e l’ottimizzazione delle proprie risorse mentali necessarie in specifici contesti di gioco.

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