La Specializzazione precoce nel calcio: moduli e sviluppo armonico (Seconda Parte)
La Specializzazione precoce nel calcio: moduli e sviluppo armonico (Seconda Parte)
Abbiamo visto nella prima parte del nostro contributo, in sintesi, i motivi che rendono “pericolosa” la specializzazione precoce. Ci soffermiamo adesso su un altro aspetto che va “contro” uno sviluppo armonico del giovane calciatore: l’uso dei moduli come strumento per raggiungere la vittoria. Perché è così rischioso?
L’altra nota dolente: quel che più conta è vincere!
Puntare esclusivamente sul risultato (con il consenso/assenso delle Società!) può trarre origine da motivi diversi. Nello specifico è necessario fare un distinguo tra Società dilettantistiche e professionistiche.
Nelle prime, il motivo di tale “prospettiva” va ricercato in una possibile mancanza di persone qualificate all’interno dei propri organi tecnici e dirigenziali: in questo caso le formazioni giovanili sono “in mano” a “brave persone” che, peccando in competenze (a volte in presunzione), “misurano” la propria bravura sulla base di ciò che è più immediato agli occhi di tutti: la vittoria, appunto!
Nelle Società professionistiche il risultato diventa importante, invece, per “l’immagine vincente” di quella specifica realtà (oltre a portare in auge i vari dirigenti di turno) rendendo giustificabile l’esasperazione tattica con la quale vengono organizzate sedute di allenamento e partite.
Ma quali sono le conseguenze dirette sui giovani calciatori di una simile concezione?
A livello giovanile, senza voler demonizzare in assoluto la ricerca della vittoria, obiettivo di ogni sport individuale e di gruppo, il solo aspetto positivo che si possa dare al risultato è garantire un livello più alto di autostima.
Le Società e Tecnici hanno pertanto il “dovere” di programmare un tipo di attività che “calzi a misura” sulle esigenze specifiche di quel particolare “momento di crescita” del ragazzo, concedendo adeguato spazio allo sviluppo integrale della personalità.
Gli allenatori, in particolare, sono chiamati a “recuperare” un “miglior bagaglio tecnico” dai giovani calciatori e a trasmettere una “mentalità più offensiva”, allo scopo non di “vincere a tutti i costi” bensì di rendere il ragazzo e la squadra progressivamente dotati di un’autoefficacia più strutturata, anche grazie allo sviluppo di competenze trasversali (comunicative, sociali e relazionali), essenziali nell’orientare adeguatamente insegnamenti e “concetti”.
Al di la dei moduli di gioco e delle esasperazioni tattiche proposte, alla base del gioco del calcio ci sono infatti le capacità di ogni singolo calciatore, ed è nei confronti di queste che dovrebbe quindi orientarsi l’attività, allo scopo di valorizzarle e potenziarle nella loro globalità.
Dedicare con maggior decisione il poco tempo a disposizione negli allenamenti ad aspetti tecnici (tecnica di base poi tecnica applicata o tattica individuale) può portare in futuro anche dei vantaggi in termini di gioco di squadra (tattica collettiva).
I moduli di gioco diventano dunque un falso problema ed un obiettivo di secondo ordine che rischiano di distogliere l’attenzione, invece, da aspetti essenziali e prioritari nella maturazione dei ragazzi, ovvero l’acquisizione di un completo bagaglio tecnico e un’educazione calcistica positiva.
Mio figlio, nella scuola calcio, ha avuto un allenatore da portare per esempio. Perdevano tanto ma mio figlio non ha mai perso un allenamento, fatto con passione e divertimento. Ha imparato tanto cambiando posizione in campo. La squadra è migliorata tutta dando la possibilità di giocare anche ai ragazzi meno dotati. Il bello è che imparavano e non si accorgevano neanche di migliorare.