Scouting e talento: la relazione con l’arbitro

Scouting e talento: la relazione con l’arbitro

In precedenti contributi abbiamo evidenziato alcune delle principali componenti psicologiche rilevabili in partita o in allenamento ed importanti nell’attività di scouting, soffermandoci sull’aspetto relativo all’aggressività, sulla concentrazione e sulla reattività psicologica dinanzi agli eventi del campo. Proveremo adesso ad addentrarci su un altro fattore molto importante in grado di favorire la valorizzazione del talento, ovvero la componente relazionale.

Sono tre gli orientamenti che lo sguardo dell’osservatore può seguire nell’identificare gli aspetti salienti della relazione di un giovane calciatore: il modo di dialogare e rapportarsi nei confronti del direttore di gara, dell’allenatore e dei compagni.

In questo primo contributo ci soffermiamo sinteticamente sulla relazione con l’arbitro.

Per quanto concerne la relazione nei confronti dell’arbitro, il comportamento manifesto può essere valutato in parallelo con il controllo emotivo evidenziato in seguito alle decisioni del direttore di gara, ma risulta saliente anche allo scopo di osservare una eventuale propensione alla leadership nel ragazzo.

In riferimento al primo elemento osservabile, sappiamo che una buona capacità di controllo delle proprie emozioni è un predittore significativo di una prestazione positiva, alla luce della possibilità di mantenere più alta la concentrazione sulle dinamiche di gioco in corso. Di conseguenza, reazioni controllate ed equilibrate nei confronti di una decisione arbitrale negativa possono indicare la capacità del ragazzo di monitorare adeguatamente e naturalmente  i fattori distraenti, senza quindi spostare il focus attentivo su aspetti sui quali non può avere potere (ad esempio un rigore concesso all’avversario).

Infine la Leadership: essa significa da un lato disponibilità al dialogo ed all’interazione, nel rispetto del ruolo e dell’autorevolezza dell’arbitro, dall’altro capacità di mostrare assertività e di spiegare il proprio punto di vista con fermezza e consapevolezza, ma anche con educazione. Relazionarsi con una figura di riferimento in campo è un indice di proattività, solitamente correlata con una buona motivazione interna e con attitudini al problem solving.

Quando il ragazzo è deciso ma sereno nel confronto, e riesce a non inveire contro il direttore di gara (magari girandosi dall’altra parte) ma mantiene verbalmente e non verbalmente una comunicazione chiara, tale fattore può essere ritenuto un buon indice di capacità adattiva al fattore competitivo e di “personalità” generale.

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